Già, perché?

Barbara pone una domanda alla quale non sono in grado di rispondere:

Voglio un motivo. Uno. Però che sia serio, fondato, incontrovertibile e non contestabile. Voglio uno straccio di motivo per cui io non posso avere una vita normale.

La vita normale si riferisce al fatto che Barbara non può sposarsi con la sua compagna Anna.
Perché due persone dello stesso sesso non possono sposarsi? Perché?

Da notare che neppure Ignazio Marino, il candidato alla segretria del PD più volte criticato per le sue posizioni su questi temi, sembra volere (o potere) concedere a Barbara una vita normale. Dal programma di Marino:

Approvare una legge sulle unioni civili, sull’esempio delle civil partnership britanniche.

Approvare una legge sull’omofobia.

Da notare che secondi alcuni Marino non ha alcuna chance di vittoria: troppo estremo.

5 commenti su “Già, perché?

  1. Sono un po’ colpito dall’uso della parola “normale”. Se Barbara potesse sposare Anna, potremmo dire che la loro è una famiglia normale? Avrebbero una vita normale? E poi, non si era detto che la vita normale delle famiglie normali era ipocrita e noiosa?

    [ho commentato anche da Barbara]

  2. @galliolus: Anche a me ha un po’ colpito l’utilizzo di quel termine. Se si trattasse di una campagna dell’arcigay, consiglierei loro di cambiarla. Trattandosi di una sensazione personale di Barbara, non ho nulla da ridire al fatto che lei non si senta normale o, meglio, si senta preclusa la possibilità di avere una vita normale.
    Oltretutto: chi ha detto che la vita normale delle famiglie normali è ipocrita?

  3. Normale : ovvero non discriminata.
    Il termine può essere intellettualmente stimolante o no, quello che non lo è, è la noia di tutte quelle attività supplettive per cercare di arginare maligni e prevenuti. Ricordo ancora l’esclusione della convivente di un soldato italiano morto in una delle missioni extra territoriali ai funerali ufficiali in quanto non coniugata…ma ovviamente gli esempi potrebbero essere anche migliori.
    Comprendo Barbara perchè l’aver costrutito una stato etico basato sulla famiglia porta appresso tutte le contraddizioni di un vivere moderno che è più ampio…. e mi fermo qui.

  4. Trovo che insistere sulla parola “normale” possa essere fecondo per risolvere la questione. Normale significa ciò che è di norma, ma “norma” denota in primo luogo la “situazione consueta, ricorrente”, qualunque essa sia, il fatto, “come le cose sono” nella maggior parte dei casi s’intende. In secondo luogo esso designa “la regola”, “la situazione che si auspica”, “ciò che dovrebbe essere”.
    “Normale” gode, soffre vorrei dire, di questa valenza sia descrittiva che prescrittiva.
    Disambiguare il termine credo possa servire a delucidare il problema, rimane il fatto che Barbara, ad oggi, né in un caso, né nell’altro può sperare di essere “normale”, a meno che non voglia allinearsi al concetto di famiglia corrente (normale in senso descrittivo), o auspicare che la sua situazione anormale diventi la regola (normale in senso prescrittivo): non credo che auspichi che tutte le persone diventino omosessuali e che si sposino; piuttosto che tutte quelle omosessuali possano, formalizzate in anormali coppie di fatto, godere di alcuni importanti diritti. Allora perché rincorrere la “normalità” e la realtà normale del matrimonio? ?! Che farsene?! Piuttosto riconosca di essere (ex)straordinaria: “dall’eccentrico nasce la grandezza” (Bloch)

  5. @zar: Normale è una di quelle parole che andrebbe usata con cautela, soprattutto specificandone l’accezione.
    Immagino che Barbara si riferisca a normale nel senso di usuale: fare come tutti e sposare la persona che ama.

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