Gli scapoli e le balene

Un lettore di AskPhilosopher si chiede, e soprattutto chiede ai filosofi di turno: come può l’esperienza smentire un giudizio analitico come “Tutti gli scapoli sono uomini non sposati”? Quine, nella sua celebre critica alla nozione di analiticità, si aspetta forse di incontrare una donna scapolo oppure uno scapolo felicemente ammogliato?La risposta di Peter Smith è notevole per pertinenza e chiarezza.
Innanzitutto mette da parte, almeno momentaneamente, gli scapoli e gli ammogliati e passa direttamente alle balene. Fino a non molto tempo fa l’affermazione “Le balene sono un tipo di pesce” era simile a “Tutti gli scapoli sono uomini non sposati”: un giudizio analitico, una frase di quelle che attirano gli sguardi delle persone, preoccupate di aver incrociato un pazzo o un filosofo del linguaggio (non so quale delle due sia peggio).
Adesso questa affermazione è semplicemente falsa: sappiamo che le balene, come i delfini, sono mammiferi, non pesci. L’esperienza, o meglio la ricerca scientifica, ha corretto un giudizio analitico.

La verità di un giudizio analitico dovrebbe dipendere unicamente dal significato delle parole, pertanto si potrebbe pensare che, in questo caso, sia cambiato il significato delle parole. È possibile sostenerlo, ma si tratta di una affermazione molto impegnativa: le balene sono sempre le stesse, e lo stesso vale per trote, carpe, salmoni e tutti gli altri pesci, per non parlare dei vari mammiferi.

Peter Smith, alla fine, ritorna anche sugli scapoli, immaginando una società nella quale ci si sposa solo per convenienza, ad esempio per ottenere la cittadinanza o un permesso di soggiorno, e molti legami affettivi duraturi avvengono fuori del matrimonio; in una società simile, non molto diversa dalla nostra, a ben guardare, sarebbe possibile incontrare scapoli ammogliati oppure non scapoli che non si sono mai sposati.
L’esempio è, chiaramente, un po’ forzato, ma il risultato è stato comunque raggiunto: mostrare che il significato dei giudizi analitici non dipende unicamente dal significato delle parole. O, che è lo stesso, il significato delle parole dipende da tante altre cose e il concetto di analiticità non è così netto e distinto come si potrebbe pensare.

6 commenti su “Gli scapoli e le balene

  1. Interessante ma devo rileggere. Non ho capito cosa non va nel dire che

    l’affermazione “Le balene sono pesci” non ha di per sé alcun valore di verità. La sua verità dipende dal significato (computazionale) delle singole parole, e dal contesto.

    Altrimenti, non vedo come potrebbe essere vera la frase “la vita in carcere non è vita”. Qui abbiamo un esempio evidente di parola che cambia significato all’interno di una stessa frase.

  2. Leggerò il link a Peter Smith, ma sin d’ora mi viene da obiettare che l’affermazione “le balene sono un tipo di pesce” non è affatto un’affermazione analitica come “gli scapoli sono uomini non sposati”. Quest’ultima davvero definisce una parola (la parola scapoli la usiamo per indicare gli uomini non sposati), mentre la prima fa un’affermazione squisitamente empirica: le balene (quelle cose grosse fatte cosi’ e cosi’) sono un tipo di pesce (quelle creature fatte cosà e cosà). Quine è fantastico, secondo me, nel chiarire le sottigliezze linguistiche che accadono nella referenza (cfr. Venere, la stella della sera e la stella del mattino) e quando si parla di pesci e balene stiamo appunto giocando di referenze (quelle cose grosse fatte cosi’ e cosi’, quelle creature fatte cosà e cosà), mentre nel caso degli scapoli usiamo la referenza una volta sola (uomini non sposati) e usiamo (definiamo!) la parola “scapoli” come un “sinonimo” (cfr. sempre Quine).
    Insomma, viva Quine, mentre leggerò questo Smith partendo un po’ col naso storto…

  3. @Maurizio: Tieni presente che qui c’è di mezzo una teoria pragmatica del linguaggio, che è quello che ho cercato di mettere in evidenza quando ho detto che affermare “la belene sono dei pesci” avrebbe attirato gli sguardi preoccupati delle persone.

    @hronir: Smith difende Quine. Forse nella sua difesa abbozza un po’ (la tua osservazione è giusta), ma il suo punto di vista è comunque quineano (si dice così?).

  4. Sì, sarà quineano, ma fare un paragone “sbagliato” rischia (ma ripeto, devo ancora leggerlo) di sminuire la portata e la forza delle sue (di Quine) conquiste!

    PS
    Non conoscevo l’uso intransitivo del verbo abbozzare… 🙂

  5. Non so nulla di filosofia analitica, però ho trovato gli stessi esempi in un testo di psicologia. L’argomento era la categorizzazione (in che modo la mente crea i concetti e attribuisce a ciascuno di essi gli esemplari concreti che incontra nel mondo?).
    In sintesi, l’idea era: i tratti definitori di “scapolo” sono: essere umano, maschio, adulto, non-sposato. E’ stato dimostrato, però, che le persone tendono a non far rientrare nella categoria i preti, che pure rispondono a tutti i requisiti. Quindi è probabile che i concetti non siano definibili da una lista di attributi necessari e sufficienti.
    Inoltre i concetti cambiano nel tempo: l’esempio era che, inizialmente, l’AIDS veniva considerato un dono divino prima che si scoprisse la sua natura di virus a trasmissione sessuale.
    E insomma, la conclusione è tipo quella che scrivi: i concetti sono costruiti dinamici e variabili, e la cognizione è situata (fondata sull’esperienza) ed “embodied”, cioè dipendente dal rapporto mente/corpo/ambiente.

  6. @CuloDritto: Benvenuta! E l’esempio che porti non è affatto a sproposito. In effetti un prete è un bel controesempio di maschio adulto non-sposato che non è scapolo, un controesempio empirico alla presunta verità analitica sugli scapoli!

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